Correva l’anno 2000.  Sul treno che andava da Mosca a San Pietroburgo, nel vagone di prima classe regnava il relax, il paesaggio scorreva rapido davanti agli occhi dei giovani dandy vestiti in abiti comodi ma di marca, spesso impegnati a guardare i loro portatili, tablet e cellulari. Tre di loro si raccontavano qualcosa di molto divertente e ridevano rumorosamente tutti insieme alle battute di colui che sembrava il più giovane e disinibito.

C’era una tranquilla atmosfera sul vagone. Ogni tanto qualche annuncio garbato partiva dagli altoparlanti.

   Katia si era messa comoda in un angolino e, dolcemente cullata dal treno, cercava di leggere, ma le risate degli altri ogni tanto la distraevano. I suoi pensieri passavano da Igor che la aspettava a casa, a un nuovo abito che si era comprata, al prossimo esame di laurea in comunicazione e media. Voleva fare la giornalista.

 Ssssffff… si aprono le porte automatiche e passa la hostess delle ferrovie con il carrello per servire bibite e snack. L’attenzione di tutti si centra sulle patatine e le lattine. Serviti tutti, la hostess va via e Katia, assaporando il suo caffè, ritorna ai suoi pensieri. Pensava al suo futuro mestiere da giornalista e reporter, a come sarebbe il suo primo servizio trasmesso in tv. Come lei, Katia, si presenterà davanti alla telecamera, come sarà vestita, truccata, come si raccoglierà i capelli in una treccia bionda semplice, per fare esaltare gli occhi e per guardare il pubblico  dritto in faccia, con schiettezza.

Ssssfffff……di nuovo le porte e arriva il controllore, perfetto nella sua uniforme, forse un po’ sudato, sul treno fa caldo. Il biglietto ce l’hanno tutti, il controllore saluta e sssfff…. se ne va .

 Ma quale, quale potrebbe essere un argomento nuovo ed interessante che lei potrebbe trattare nel primo servizio giornalistico che sarà il suo debutto? Oramai nel mondo è successo di tutto, i reporter sono tutti uguali e hanno da dire sempre le stesse cose….. Non è un lavoro facile, il suo…  Si riaprono le porte e compare di nuovo il controllore che fa entrare una persona dicendo che la seconda è già strapiena.  Gli altri alzano appena lo sguardo, poi tornano ai loro cellulari. Il nuovo arrivato è un anziano signore senza più capelli, con la pelle chiara e due occhioni azzurrissimi. Era vestito con un vecchio completo giacca e pantalone blu scuro, molto usato ma pulito, le sue scarpe probabilmente hanno attraversato la Siberia, la camicia bianca era usata ma pulita. Si è accomodato dopo avere mostrato al controllore il suo distintivo. Veterano dell’esercito della Grande Madre Russia. Infatti, sul petto della sua giacca luccicavano quattro medaglie. Lui guarda con interesse questa gente giovane e alla moda che nemmeno lo considera. Era seduto davanti a Katia e le fa un cenno di saluto, molto modestamente. Katia lo inquadra e, con un sorriso, dice : ‘Che belle medaglie !’ Lui abbassa un attimo lo sguardo e, con una quantità di tristezza, risponde: ‘Eh, già….La grande guerra del 45….’  Katia gli sorride di nuovo e insiste : ‘Dove ha combattuto?’ ‘Dappertutto, a Mosca sotto le bombe dei tedeschi, sul Don, San Pietroburgo…..abbiamo fatto la guerra.’ E i suoi occhi azzurri guardano lontano senza vedere i campi che scorrono e le sonde di petrolio che sembrano collegare il cielo e la terra. E Katia ancora : ‘ Come si chiama, se posso chiederle..?’  ‘Alexei, capitano Alexei Dimitrov’  ‘Come era la guerra ?’ Lui abbassa gli occhi, diventa triste : ‘La guerra, signorina…..è la guerra….’  Katia comincia a cercare nella borsa la sua piccola telecamera, ma non lo vorrebbe intimidire, e, senza cambiare tono di voce, continua :’E i tedeschi?.. Come erano i tedeschi?’ Lo sguardo blu triste del capitano la inquadra e, guardandola dritto negli occhi, dice :’ I tedeschi, signorina, erano…uomini….uomini come noi…….’

 

 

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